Minaccia Isis

Il caso di mettere da parte le consuete ostilità

L’intelligence dei paesi occidentali sta studiando con attenzione una serie di video messi sul web dell’Isis in cui si tracciano con precisione confini ed obiettivi del califfato. In corrispondenza delle pretese della dominazione araba del settimo secolo le mappe colorate di nero che dovrebbero indicare i terreni da conquistare giungono fino al Pakistan, passando per il lungo giro di Vienna e dell’Europa dell’est, mentre ad occidente si procede con la conquista della penisola iberica. In Africa ci si estende fino a Karthoum, come del resto il Madi che sconfisse il generale Gordon, aveva insegnato verso la fine dell’800. L’Italia non sembra propriamente un obiettivo salvo alcune direttive di possibile attacco che pure sono contrassegnate, dalla Tunisia e dalla Libia e poi bisognerà pur sempre valutare come l’Isis valuti la dominazione araba in Sicilia e se intende sopportare la presenza del Vaticano. L’Italia potrebbe essere solo attaccata per consigliare alla Chiesa cattolica di occuparsi dei fatti suoi, senza mai pensare di varcare il Tevere. Nel caso migliore, magari la bandiera nera in piazza San Pietro è solo una sbruffonata, non sarà proprio un bel vivere. Quello che però avrebbe ragione di preoccupare, più delle zone ombreggiate di aree geografiche che sinceramente non sembrano alla portata delle milizie del califfo, considerato che è stata a suo tempo minacciata d’invasione persino l’America giudaico cristiana, sono i progetti militari. Il califfato conta in medio periodo di appropriarsi degli arsenali degli stati islamici sciiti ed impiegarli per la loro futura espansione. Si capisce allora a ritroso il legame che la Cia non ha saputo cogliere nella sua pienezza fra al Qaeda e Saddam Hussein. La guerra del raiss all’Iran era anticipatrice della prossima guerra santa. Prima bisogna debellare il regime sciita, poi quello delle monarchie nazionali, infine convergere tutte le forze contro l’occidente, cominciando dalla Turchia. Considerando che le forze del califfo non sono poi state nemmeno capaci di prendere la cittadella di Kobane e che faticano comunque ad espandersi oltre le cittadine dell’ovest dell’Iraq, i loro propositi possono sembrare piuttosto dettati da una insana megalomania. Perché allor tanta attenzione? Perché l’Isis dispone di un capitale umano, pari quasi a quello della Cina, nel senso che non sappiamo quanti mussulmani possono esserne attratti, in quali parti del mondo ed impugnare il fucile o anche soltanto farsi saltare per aria, in nome di Allah. Nel dubbio consiglieremmo non solo agli sciiti, iraniani e libanesi di calmarsi un attimo verso Israle che sarebbe utile per lo meno come deterrente militare del califfo, ma anche all’America di negoziare in fretta una tregua con la Russia sull’Ucraina. La minaccia è per tutti, seria o farsesca che sia, un'altra. E visto che comunque le teste volano, persino quelle giapponesi, sarebbe il caso di ridisegnare le ragioni di ogni diversa ostilità.

Roma, 3 febbraio 2015